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Corradi Outdoor Attitude Online. Marco Piva e l’importanza del rapporto con la natura

Corradi Outdoor Attitude Online. Marco Piva e l’importanza del rapporto con la natura

L’architetto Marco Piva, fondatore dell’omonimo studio di progettazione, è il protagonista del recente appuntamento con il Corradi Outdoor Attitude Online condotto come di consueto da Giorgio Tartaro

Nato professionalmente come designer verso la fine degli anni ’70, da oltre quarant’anni Piva sceglie come modus operandi quello della totale libertà. Ama, infatti, approcciare ogni progetto a mente aperta, senza ripetizioni, compiendo un lavoro di ricerca e analisi approfonditi, anche grazie al notevole apporto culturale proveniente dai suoi collaboratori: “In studio vantiamo professionisti di ben 17 diverse nazionalità. Un vero e proprio melting pot che si sviluppa tra Milano e le nostre sedi nel mondo”.

Non a caso, lo studio cura progetti ovunque, contemplando interessi che spaziano dall’urban design agli edifici complessi, fino al residenziale più tradizionale. I temi trattati variano dall’ospitalità nelle sue diverse declinazioni, all’heritage, ossia la trasformazione di edifici con valore storico e monumentale secondo nuovi fini, fino all’industrial design.

Come per Francesco Isidori, protagonista di una puntata precedente del Corradi Outdoor Attitude Online, anche per Marco Piva il rapporto tra l’architettura e la natura rappresenta un nodo fondamentale del suo lavoro. Una costante che, secondo il progettista milanese, è destinata a diventare sempre più preponderante. 

L’architettura e il rapporto con la natura 

La presenza della natura è l’elemento costante dei progetti presentati da Marco Piva. È il caso, ad esempio, del Porto di Dubai, dove una natura fortemente artificiale rimane come punto di riferimento del promontorio occupato da ville e altri edifici residenziali. “Il nostro intento era quello di creare un rapporto visibile con il territorio. Alcune delle architetture presenti si movimentano proprio perché si cerca, a seconda della stagione, di dare vita a un rapporto funzionale e piacevole tra dentro e fuori. C’è grande sperimentazione in questo progetto”.

La sperimentazione è un tema importante anche per il lavoro condotto nel Dianshan Lake, nei pressi di Shanghai. Qui, grazie all’apporto di diversi professionisti, si è cercato di ridurre il volume del costruito e di incrementare la porzione di verde. “Si tratta di un verde ingegnerizzato, che contribuisce a purificare l’acqua del lago e, quindi, ad apportare notevoli migliorie all’ambiente in cui le architetture sono immerse”. Le ville inserite nel progetto mostrano tutte trasparenze importanti: le grandi finestre che inquadrano, da un lato, la natura circostante e, dall’altro, le costruzioni, creano un rapporto fortissimo tra spazio interno e spazio esterno. 

L’altro progetto per il quale si è resa necessaria un’importante operazione di ingegnerizzazione della natura è quello Wetland Resort, per il quale lo studio milanese ha immaginato un complesso molto articolato di strutture “immerse” nell’acqua. “Abbiamo ingegnerizzato i sistemi di filtraggio e ossigenazione per consentire all’acqua di mantenersi pura, viva. Un’opera coerente con gli sforzi compiuti ultimamente dalla Cina nei confronti della natura.” Come ricorda Piva, infatti, la Cina stava intervenendo pesantemente sul territorio quando, a un tratto, si è resa conto che i danni sarebbero stati irreparabili. Il Paese ha quindi messo in atto diverse misure per salvaguardare sempre di più il rapporto con l’ambiente esterno e stabilire condizioni abitative più vivibili e a misura d’uomo. “Abbiamo vinto diverse gare in Cina proprio perché nei nostri progetti abbiamo saputo introdurre un desiderio di natura ed equilibrio lì dove prima venivano favoriti masterplan massicci e densi di costruito”.

Da questo punto di vista, sottolinea Piva, anche l’Italia deve darsi da fare. “Dobbiamo tornare a progettare con una certa attenzione. Il verde non è una semplice guarnizione, ma deve far parte di uno scenario programmato e progettato. Dire che portiamo il verde in città non basta. Il verde va sincronizzato con l’architettura, con il benessere, con la sostenibilità (il verde senza l’acqua non si sostiene, quindi dobbiamo mostrare anche una grande attenzione nei confronti dell’acqua). Solo un’architettura lungimirante può dare vita a progetti che durano nel tempo e che si adattano bene al contesto”.

Integrare la natura nel progetto architettonico

Ancora, l’acqua è l’elemento su cui si basa il progetto del Laguna Palace a Venezia, costruito praticamente sul Canal Salso. “Si tratta di uno dei primi canali usati per gestire il rapporto tra terra e acqua, e i collegamenti da Mestre verso Venezia”. All’esterno, si nota una grande porta di vetro dove trovano le barche. Da una parte c’è l’hotel e, dall’altra, un complesso residenziale. “Il rapporto tra indoor e outdoor è qui fortemente rappresentato, non vi è alcun limite tra dentro e fuori. A voler sottolineare il rapporto con l’acqua, all’interno del Palace abbiamo immaginato degli spazi che ricordano gli ambienti delle navi da crociera”.

La relazione con la natura si ripresenta prepotentemente nel progetto di riqualificazione delle Terrazze, a Treviso: “Non tutto quello che riqualifichiamo aveva in passato un’importanza storica, monumentale. In questo caso, ad esempio, abbiamo trasformato un ecomostro abbandonato da 15 anni in una struttura green. Abbiamo dato vita a un verde disegnato, scenografico, a uno scenario sul quale oggi si affacciano uffici, residenze e persino un hotel”. Il dialogo forte tra lo spazio interno e l’esterno è mantenuto soprattutto dal rapporto con il verde che, in modo quasi invasivo, sembra volersi impossessare della struttura architettonica.

“Ci siamo sempre occupati di progetti di recupero di edifici storici che sembravano impossibili, dove abbiamo creato serre e zone verdi reinterpretando vecchie corti interne. Dobbiamo imparare a cogliere queste occasioni. Oltretutto, è uno dei temi caldi di oggi e lo sarà anche per il prossimo futuro, non solo in Italia. Abbiamo bisogno di tornare a un legame più dinamico con la natura, anche quando siamo noi a crearla”. Immediato il collegamento al lavoro che compiono aziende come Corradi: “Anche noi, come Corradi, insistiamo molto sul tema del rapporto tra interno ed esterno, sul poter creare ambienti protetti che diano la possibilità di godere degli scenari in cui sono inseriti. L’architettura deve orientarsi sempre più in questa direzione: non possiamo stare chiusi in ambienti soffocanti, abbiamo bisogno di creare interazione con quello che c’è fuori. Gli spazi esterni vanno tenuti in considerazione come fossero un obbligo”.

Nel progetto del T Hotel, a Cagliari, la natura si impone come elemento leisure nei luoghi di lavoro: “Dato che la struttura non si trova in riva al mare ma in città, abbiamo voluto costruire il nostro piccolo mare interno con delle piattaforme di dehor sull’acqua in cui è possibile conversare o consumare un pasto in compagnia”. All’esterno dell’hotel, si trova l’ex torre della Telecom, un tempo completamente devastata: “L’abbiamo recuperata e ingentilita mediante strutture che sostengono la piastra dei vari piani. Ne è derivata una forma quasi a ombrello, trasparente, mentre al piano terra abbiamo creato un’area sovrastata da un’enorme copertura dinamica che si apre e si chiude sullo scenario dell’acqua”.

Tutto questo perché, come sottolinea l'architetto, nel mondo dell’hotellerie è fondamentale poter estendere le funzioni legate al relax e alla socializzazione ad aree che, a seconda delle stagioni, possono espandersi o ritirarsi. In questo modo, si crea maggiore benessere per chi vive gli spazi dedicati all’ospitalità.

Con il progetto per Osaka Gas, lo studio Marco Piva ha immaginato un abitare totalmente immerso nella natura. Le facciate, come dei Lego, possono essere rimosse, ingrandite e riposizionate a seconda dei gusti di chi vi abita. La natura, in questo caso, contribuisce a generare e sostenere: “L’edificio ha ridotto del 30% i suoi consumi grazie all’installazione di pannelli fotovoltaici e impianti di solare termico. Le pareti sono realizzate in acciaio ceramizzato per poter contribuire al bilancio energetico”. 

Importante anche la declinazione del rapporto tra architettura e natura del complesso residenziale milanese Principe: “Qui abbiamo cercato di tenere tutto il verde possibile e abbiamo articolato l’edificio con una scalettatura a terrazze. Abbiamo lavorato su una scenografia urbana importante. Se guardate gli ambienti in quota vi sembrerà di vedere quasi delle ville pensili affacciate sulla città”.

Un’architettura quasi smaterializzata è quella invece della villa privata sul lago di Como, immersa nel verde. Anche in questo caso, la natura sembra voler invadere e conquistare una struttura che si fa leggera, trasparente e semplicissima per accoglierla.

Un progetto simile a quello realizzato per alcune ville californiane e altre cinesi: in tutti questi casi, le facciate sono in vetro e le strutture si aprono completamente per dare agio a chi le abita e far in modo che lo spazio outdoor di terrazze e giardini sia totalmente sfruttato. 

Il ruolo delle aziende 

Nell’ultima parte del webinar c’è spazio per alcune considerazioni sul rapporto tra aziende e architetti. A chi gli chiede come cambierà questo rapporto nell’era post Covid-19, Marco Piva risponde sottolineando le opportunità derivanti dai numerosi momenti di incontro e formazione che il suo studio ha sempre portato avanti. “Di sicuro, è fondamentale per noi poter continuare a incontrare le aziende sia per imparare a conoscere le tecnologie che propongono, sia per individuare i modi in cui noi progettisti potremmo sfruttarle. Non ci spaventa creare occasioni di confronto a distanza, l’abbiamo sempre fatto”.

Le aziende, insiste Piva, dovrebbero fare maggiori sforzi per creare in modo autonomo i loro prodotti e al tempo stesso indagare sul contributo che questi possono apportare alla ricerca progettuale degli architetti. “Faccio un esempio: disegnare un’architettura residenziale a Milano significa creare una scatola abitativa che abbia, però, anche delle necessità dinamiche. Perché non dovrebbe essere progettata sin da subito con delle parti in movimento che possano, ad esempio, ombreggiare e filtrare,permettendo di godere appieno dello spazio esterno? È assolutamente preferibile pensarci subito piuttosto che dover fare in un secondo momento degli interventi non coerenti con l’obiettivo progettuale iniziale”. Oltretutto, sostiene Piva, un lavoro di questo tipo creerebbe indubbiamente valore e andrebbe incontro all’esigenza, oggi sempre più forte e avvertita persino dagli investitori, di proporre soluzioni abitative che includano spazi vivibili. Gli edifici devono infatti rispondere agli obiettivi e alle condizioni dell’abitare che ci sono oggi e che saranno propri anche dell’immediato futuro.

Per Piva, il rapporto tra aziende e architetti è fondamentale ma non deve per forza basarsi sull’esclusiva: “Mi piace avere la possibilità di ricercare e non voglio impormi limiti. Ma se proprio vogliamo parlare di esclusiva, cerco la collaborazione di aziende che sappiano lavorare in un certo modo la materia, che è l’elemento espressivo del nostro fare. Abbiamo come obiettivo fondamentale quello di sostenere la qualità delle nostre idee attraverso il contributo indispensabile di quelle aziende che mostrano una capacità consolidata nel saperle interpretare e nel dare forma ai progetti”.


Foto di copertina: Marco Piva, di Filippo Avandero

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